giovedì 13 agosto 2020


RICORDO INDIANO - AGOSTO 1987 
6° parte - Pushkar




Massimo si è completamente ristabilito; decidiamo di fare una lunga passeggiata intorno al paese e al lago. Man mano che ci lasciamo dietro le abitazioni, entriamo in un territorio sempre più spoglio e desertico. Il suolo è quasi sabbioso e nel cielo roteano grandi uccelli che non riusciamo, neanche questa volta, a identificare. Procedendo sulla strada che a tratti curva seguendo il lago, veniamo investiti da un fetore terribile e indefinibile. Notiamo che i grandi uccelli roteano verso il basso fino a toccare terra riunendosi intorno a qualcosa sul terreno e a questo punto è tutto chiaro: i cinque enormi avvoltoi sono stati attirati dall'odore di una carcassa di maiale... la vediamo chiaramente, con le costole semi scarnite. Ci fermiamo in silenzio ad osservare, il fazzoletto premuto sul naso, onorando questo momento di riflessione attonita: Memento Mori. Il ciclo della vita ci si staglia davanti nel suo aspetto terrifico. Maya, l'illusione dei sensi, ci ottenebra la vista della Luce presente anche in questo aspetto. Gli avvoltoi ripuliscono le ossa dei cadaveri e hanno in sé il potere di annientare qualsiasi battere con il loro potentissimo acido gastrico.

Dopo mezz'oretta circa di cammino un altro incontro straordinario.
In lontananza due puntini si avvicinano nell'aria tremolante. Dopo qualche minuto scorgiamo la sagoma di due bambine di circa otto, dieci anni. Si sbracciano. Forse chiedono aiuto... si saranno perse... Una delle due porta in braccio un grande fagotto. I gridolini di gioia si intensificano mentre si avvicinano e dai gesti capiamo che vogliono mostrarci qualcosa, qualcosa di prezioso che tengono stretto nel pesante fagotto. L'idioma cantilenante e le testoline dondolanti come si usa qui quando si vuole dire sì o invitare qualcuno, ci incuriosiscono. Il nostro tentativo di comunicare in inglese viene totalmente ignorato e continuano a squittire in hindi. Quella che tiene il fagotto più grande di lei, lo apre e... appare un neonato paffuto che geme leggermente... ma sostanzialmente beato tra le braccia della probabile sorella o cugina, qui è lo stesso.

A bocca aperta, gli occhi sgranati, rimaniamo impalati e muti davanti alla assoluta Bellezza che ci sta di fronte. Forse dopo due femmine i genitori erano felici di avere finalmente un maschio e le bimbe paiono altrettanto entusiaste a tal punto da volerlo mostrare a due sconosciuti, bianchi come fantasmi. La comunicazione non verbale regna sovrana e ogni convenevole è azzerato dall'immediatezza degli sguardi e dei sorrisi. Massimo pronuncia istintivamente qualcosa in italiano: "Fratellino?", e come se avessero compreso il significato, dondolano all'unisono la testa. Sento le lacrime salirmi dal cuore e appannarmi la vista... la bocca si apre ma un nodo stringe la gola. Medito per un attimo. Non voglio "rubare" questa immagine con un gesto prosaico da turista. Mi decido a scattare perché intuisco che è forse l'immagine più preziosa del viaggio, il ricordo più dolce. Oltre che nella mia mente, voglio che rimanga sulla carta. Una poesia indimenticabile. Torniamo in paese al tramonto e non ricordo altro di quella giornata illuminata.





Il giorno dopo un altro incontro: una bambina molto povera, la prima che vedo, in realtà, visto che a Pushkar non ho ancora visto miseria, ma solo quella che noi occidentali chiamiamo povertà. Chiede elemosina insieme al fratellino andandosene in giro con un barattolo col manico come fosse una borsetta, per raccogliere offerte. Si accovaccia, forse stanca, e mi fa il tipico gesto di mangiare allora mi avvicino ad una bottega e ordino tre lassi alla banana senza ghiaccio. Lei mi guarda sorridendo, senza capire. Quando sono pronti porgo i grandi bicchieri d'acciaio. Rimangono a guardarmi con il bicchiere in mano senza parlare. Faccio il gesto di bere e per incoraggiarli inizio a sorseggiare il mio lassi.
Il piccolino beve la dolce bevanda quasi tutto d'un fiato mentre la sorella ondeggia la testa sorridendo. sono abituati a portare a casa senza consumarlo, ciò che ricevono ma con il lassi è impossibile. Dopo qualche esitazione comincia anche lei a bere lentamente, senza togliermi gli occhi di dosso. Occhi enormi, occhi pieni di stupore. Mi rendo conto che quel gesto, per me scontato, è per loro un miracolo. Dopo aver bevuto cerco di comunicare ancora qualche cosa a gesti e lei ride divertita dei miei buffi sforzi.

Quando il mal d'India mi assale, osservo queste foto e fantastico sulla vita di questi bambini, forse durissima, magari migliore per la ricchezza portata dal turismo, forse comunque benedetta dalla felicità semplice di chi ha poco e si sente ricchissimo perché ha cibo, un tetto, ed è amato. 
Pushkar è ora una meta affollata soprattutto a novembre durante i cinque giorni del Pushkar Mela, la fiera dei cammelli che è ormai una mera attrazione turistica che attira circa 500.000 persone che si riversano negli eleganti hotel di stile esotico e nei sessanta ristoranti della città raddoppiata.  A volte sogno di tornare a cercarli, ritrovarli, e passare con loro il resto del mio tempo in India, l'India che ormai è solo nella mia mente.






CONTINUA CON LA 7° PARTE:





 

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