sabato 21 maggio 2022

Esplorazioni in un giardino urbano nel cuore di Torino

di Alberto Selvaggi*Torino 14 giugno 2021

botanico, Istituto per le Piante da Legno e l'Ambiente (IPLA) di Torino

Immagini tratte dal profilo della community Facebook Prinz Eugen




Mi trovo in un pomeriggio di tarda primavera nel giardino dell'ex Buon Pastore (Prinz Eugen) di corso Principe Eugenio, a esplorare un giardino lasciato ad una evoluzione quasi libera da decenni, dove i limitati interventi e le scarse frequentazioni umane hanno lasciato intatta una natura originatesi dall'iniziale impianto di giardino, successivamente arricchitesi di specie arrivate da luoghi diversi e con modalità diverse. Un luogo estraneo alle frequentazioni dell'uomo, se non limitate, e ancora più estraneo da interventi di gestione e di cura "tradizionali".

E' un giardino selvaggio, e per questo affascinante come una giungla tropicale, per un esploratore metropolitano con un occhio allenato alla botanica.



Emerge soprattutto la diversità che ospita il giardino: in un paio d'ore arrivo a contare 90 specie diverse di piante, tra spontanee, coltivate ed esotiche. Gli esemplari arborei sono dominati da una specie tipica dei viali alberati, Ulmus pumila L., che si è ulteriormente diffusa nel giardino, quindi da filari di kaki (Diospyros kaki L.f.), siepi di alloro (Laurus nobilis L.), palme (Trachycarpus fortunei (Hook.) H.Wendl.) cui si accompagna una flora arbustiva e arborea cresciuta spontaneamente a partire da semi dispersi dal vento o dagli uccelli.Sono presenti bagolari (Celtis australis L.), salici (Salix caprea L.), sambuchi (Sambucus nigra L.).

Lascia stupiti la ricchezza della flora erbacea: rilevo la presenza di piante legate ad ambienti differenti e lontani nello spazio che si trovano a convivere in un ridotto spazio e a concorrere tra di loro per occuparlo. E' possibile riconoscere tra gli habitat di questo microcosmo, un ampio prato dominato dalla regina dei prati da sfalcio, l'avena altissima (Arrthenatherum elatius L. P.Beauv. ex J.Presl & C.Presl), quindi muri colonizzati dalle felci (Asplenium trichommanes L., Asplenum ruta-muraria L.) lembi di sottobosco con flora tipica nemorale (Carex remota L., Aegopodium podagraria L.), margini di vegetazione rudereale (Chalidonium majus L.)





Alcune specie esotiche ci testimoniano una storia lontana di quando, proprio a partire da Torino e dintorni, si sono diffuse in Piemonte (come la Phytolacca americana L. coltivata per le bacche usate per colorare il vino) l'artemisia dei fratelli Verlot (Artemisia verlotiorum Lamotte), introdotta per aromatizzare i vermouth, la fragola dei "babi" (Duchesnea indica (Andrews) Focke), introdotta e coltivata a Torino nel giardino dell'Orto botanico fin dal 1816 e da qui spontaneizzatesi in tutto il nord Italia. Il papavero (Papaver rhoeas L.) e il fiordaliso (Centaurea cyanus L.), quest'ultimo ben più raro, ci ricordano i campi di un tempo. 



Per ogni specie ci sarebbe una storia da raccontare. Raccolgo un po' di esemplari incogniti per chiudere la lista in un secondo tempo e il pomeriggio è finito. Ritorno su corso Principe Eugenio con la sensazione di essere riemerso da un altro mondo, mi rimane negli occhi la luce del sole che si riflette sulle molte immagini di piante che ho scansionato con gli occhi e con la mente. Provo tuttavia ad immedesimarmi per un attimo in un osservatore qualunque senza la mia capacità di lettura e la mia visione del mondo naturale: il suo giudizio potrebbe essere molto diverso dal mio e il luogo di meraviglia della mia esplorazione potrebbe apparirgli un cumulo di erbacce, un ambiente inospitale e pericoloso, da riqualificare.

Tuttavia la biodiversità, di cui molti parlano spesso a sproposito, non si valuta con i canoni dell'estetica umana, peraltro mutevole e opinabile: la ricchezza di specie, con tutti i potenziali benefici che ne derivano, è un valore in sé, indifferente alle scelte e valutazioni dell'uomo.

Nelle mie esplorazioni pluridecennali della natura urbana e postindustriale di Torino, raramente mi sono trovato a censire in così poco spazio tanta diversità.



Mi piacerebbe che trovasse spazio nel dibattito cittadino, oltre alla fondamentale discussione sulla necessità di conservare i pochi spazi e polmoni verdi residuali ancora presenti nel centro della città per garantire il benessere comune, anche la consapevolezza che esiste un'idea di giardino diversa da quella a cui siamo abituati, che si avvicina di più alla spontaneità della natura.

Mi rincuora sapere che, in qualunque modo vadano le cose, la natura è pronta a ricolonizzare ogni nuovo terreno abbandonato, del tutto indifferente alle misere questioni umane.












Chiesetta sconsacrata dell'ex Istituto di correzione femminile Buon Pastore:

https://www.museotorino.it/view/s/330968993806495cab11589f8f8b517e