domenica 14 agosto 2016

Il primo (ed ultimo) Congresso della Nuova Era
Firenze, febbraio 1978
Quando il fenomeno commerciale detto new age ancora non esisteva




Mio padre, Edoardo Bresci, con l'amica Elda Barrel 
e alcuni partecipanti al Cogresso sulla terrazza del Forte Belvedere 



"Un congresso di pensatori visionari da tutto il mondo, ideato e condotto dal dr. Jaccaci e colleghi, riuniti a Firenze per esplorare le possibilità per la "unificazione umana". L'evento sperimentale ha funzionato per dieci giorni e ha fatto storia per le diverse centinaia di partecipanti. Il Congresso, non avendo programmazione fissa per gli oratori nè tassa di ammissione, è stato auto-organizzazione e improvvisato spontaneamente ogni mattina in una riunione di gruppo. L'evento si è tenuto presso il Forte Belvedere che fu dei Medici e che domina la città. L'assenza di un ordine del giorno pianificato ha creato un certo stress ma ha portato comunque ad un processo di "trasformazione spirituale" memorabile. Un tour a piedi delle cattedrali di Firenze è stato offerto dal Signor George Trevelyan; Darel Langham ha parlato dei sui modelli Genesa di grandi dimensioni; Roger Brown ha girato un documentario dell'evento; Ben Bentov ha parlato dell' "architettura dell'universo"; Twyla Nitch ci ha parlato della sua discendenza nativa d'America essendo nipote di un capo indiano Seneca e ci ha intrattenuti con racconti di saggezza indigena.Il congresso è passato dalle dispute alla concordia grazie alla guida ispirata di un monaco itinerante che ci ha portato in processione cantando in coro"



Questo è l'unico testo in italiano trovato sul web sull'evento.
Il seguente, molto più approfondito, è in inglese:
https://www.laetusinpraesens.org/docs/floren.php

venerdì 12 agosto 2016

 

I doni di Susanna

 



"Dobbiamo collegarci a persone sulla stessa lunghezza d'onda e darci la mano. 
Siamo come una catena d Luce, ognuno responsabile per il proprio anello"

Diciassette anni fa ho conosciuto Susanna. Ora ha 104 anni...
La sua casa è in città ma in una zona rimasta fuori dal tempo verso la collina, costruita da suo padre con un giardino con tanti fiori e un po' di uva dorata che pende dal pergolato.
Riflettevo, tornando a casa: ora mi è chiaro che in ogni città, anche la più frenetica, come in ogni luogo del pianeta, ci sono oasi, punti di luce dove si respira meglio, il tempo è più lento, i rumori ovattati. 

Susanna vive in una di queste oasi.
Ti vede e, che siano passati mesi o anni, non cambia nulla.
Ti parla del mondo, di come viverci dentro fino al collo ma sempre con la testa fuori, in alto, consapevoli che non siamo di qua.
I ricordi del tempo di guerra servono a ricordare che anche in casi disperati non bisogna perdere la speranza e semmai ingannare la mente con piccoli stratagemmi...

Per il resto, credere negli esseri di Luce e darsi tanto da fare.


(Susanna è mancata poco dopo, l'ultima volta mi accolse dicendo: "Vedi, finalmente sono sulla rampa di lacio!")

Susanna Zabert Souchon (1912 - 2016), nata a Fossano (CN) da una famiglia di origine francese, con una lunga tradizione di filantropia ed impegno sociale. Studiosa della natura umana e della sua interazione cosmica, ha dedicato la vita al sostegno ed alla soluzione dei problemi delle tante persone che nel tempo si sono rivolte a lei. La sua storica abitazione nel Borgo Po di Torino è stata per molti anni un punto di riferimento per il quartiere.

 

sabato 30 luglio 2016

Fatima

 





2 luglio 2015, spiaggia del Nano Verde, Bosco della Sterpaia, Riotorto (LI) 

Cara Fatima,

la tua figura carica di vestiti da vendere sulla testa e sulle spalle è un quadro che si è impresso nella mia mente. Te ne sei andata con passo lento e dignitoso dopo avermi detto sorridendo: "Sei brava tu".

Quello che ho provato è difficile da descrivere... commozione per la bellezza che incarni, ammirazione per la dignità innata, vergogna per il nostro mondo occidentale che è diventato opulento depredando il vostro continente, la vostra terra.

Sei bella Fatima, e non sai di esserlo.
Con i tuoi 40 anni e 'la pancia stanca' per i cinque figli, un marito lontano, inesistente.
Sei bellissima e ho provato vergogna quando al nostro tira e molla sul prezzo del vestito per 18...15...12...15 euro ci hai detto: "Che differenza fa? Aiutami, no?"

Grande saggezza. Sei la seconda perla di oggi.

L'indifferenza

di Concino





Voi vi dimenticate di essere un'unica cosa come umanità, respirate la stessa aria, il pensiero collettivo è identico, inquinato da tutto ciò che viene pensato dalla pluralità delle vostre menti, assaggiate la stessa medesima atmosfera. 

I più di voi si adeguano, tanti riescono ad essere completamente indifferenti a tutto ciò che accade perché hanno già inaridito la loro natura; sembrano favoriti dalle cose, in realtà la loro è già una condizione di "malattia animica, spirituale" usiamo pure questa espressione.
Non è desiderabile la loro spensieratezza quando quella deriva dall'aridità di pensiero e di conoscenza.

Essere riflessivi e intuitivi è faticoso e fastidioso perché purtroppo l'aria oggi conosce il dolore, la sofferenza, ma è il modo più sano di essere, di reagire.
Ignorare i sintomi significa inevitabilmente assistere al decadimento senza poter reagire, e invece avere conoscenza di questi sintomi, vuol dire poter capire, poter reagire e non venire travolti alle più temibili correnti.

mercoledì 27 luglio 2016

Libertà nel rapporto di coppia

di Concino





Libertà non significa l'assenza di rapporto, sentimento, relazione, ma raggiungimento di relazioni e rapporti che si vivono in una vera e propria comunione di spirito e anche di passione. Non significa dimenticare l'intensità dei sensi ma viverli in sintonia, in sinergia, esplorare anche il piacere in sintonia con l'altro, evolvere insieme, sapere di essere un'unica cosa senza perdere la vostra individualità.

Libertà allora diviene una più profonda conoscenza di ciò che siete e purtroppo sì, per quanto riguarda la quotidiànità e la realtà di rapporti e relazioni, anche la certezza di essere comunque dall'altro separati, perchè questa è la vita che si traduce nel tempo che percorrete.

La separazione dall'altro, la certezza di poter essere insieme facendo tesoro di quelle profonde affinità, e nello stesso tempo lontani e diversi senza sentire più il bisogno dell'altro come se fosse la soluzione ad ogni incertezza, insicurezza o paura, ma sapere di voler essere presente per l'altro perchè l'altro ha bisogno di voi.

Una dimensione diversa, più autentica e profonda che non è, e non sarà mai, la negazione di passoni, sentimenti ed emozioni ma il loro rivelarsi a voi più pieno, come se insieme alle emozoni vi fosse anche il senso di tutto ciò che state condividendo, la certezza di capirvi.  

venerdì 1 luglio 2016



Il mio omaggio per te, Elda, perchè tutti ti possano leggere

Elda Barrel era una grande amica di mio padre Edoardo, che ricordo diceva di lei: "E' una brava ragazza".
Nella seconda edizione (privata, riveduta e corretta) del mio libro sono stati aggiunti due brani e uno dei due era suo. Quando nel 2010 le chiesi di scrivere un pezzo mi disse che era troppo occupata, nel 2015 quando seppe che stavo per pubblicare la seconda edizione, mi disse che si era pentita di non aver scritto niente e se era ancora in tempo...
Il suo brano è stato l'ultimo aggiunto di corsa dal mio amico impaginatore. 

Lo riporto qui come ho intenzione di riportare tutto ciò che non c'è nella prima edizione pubblicata in edizione privata, in poche copie (e che quindi molti non hanno), prima che esca la terza e poi la quarta, un work in progress per ricordare oppure far conoscere alcuni dei "sognatori-seminatori-di-idee" che nell'Italia di quel tempo che è già storia, hanno lavorato per un futuro più 'umano' che ancora oggi cerchiamo faticosamente di realizzare.






Il mio ricordo di Edoardo Bresci
di Elda Barrel


Ho conosciuto Edo Bresci nei primi anni '70, non ricordo di preciso in quale occasione, certamente in corso Palestro ad una conferenza della Società Teosofica oppure ad una delle serate informali del giovedì di cui lui era l'animatore. 

Io ero appena allora approdata alla Teosofia e il mio entusiasmo era grande.

Sta di fatto che da subito mi lasciai volentieri coinvolgere nelle attività "minori" del suo lavoro, per esempio ricordo serate passate ad incollare etichette di indirizzi con i nomi degli abbonati alla rivista L'Età dell'Acquario scritti a macchina con la mitica Olivetti Lettera 22, sulle buste con la collaborazione di mio padre che, già in pensione, anche se mal volentieri, a volte mi dava una mano.
E ricordo bene la casa di via Vespucci, quella dell'esordio della casa editrice, e di Isabella bambina!


Edo mi aveva ispirato da subito un senso di fiducia quasi filiale. Ricordo che spesso mi parlava del suo grande amico, il professor Del Boca, col quale era in grande confidenza e che chiamava semplicemente Bernardino. Se avevo qualche problema mi esortava a chiedere consiglio a lui, cosa che altrimenti io non avrei mai osato fare!

Ricordo gli equipaggi che si formavano da Torino per andare ad ascoltare le conferenze del professore ad Alice Castello, a Novara, a Borgomanero e infine al Villaggio Verde.
Ricordo anche con orgogliola fiducia che mi aveva accordato chiedendomi un paio di volte di fare delle traduzioni, fiducia che purtroppo risultò mal riposta poichè non riuscii a portarle a termine in tempo utile se non con l'aiuto di altri... comunque la buona volontà e l'appassionato impegno ce li avevo messi tutti e quel che più conta, quei Quaderni furono pubblicati!

Pur nel suo aspetto tranquillo e a volte quasi dimesso, Edo aveva una verve e un senso dell'umorismo veramente eccezionali. Ricordo ancora bene quel breve viaggio a Firenze per il Primo Congresso Mondiale della Nuova Era, malgrado i mezzi di informazione ufficiali non vi desserro molto rilievo, non si poteva non partecipare a una simile Utopia!


Facemmo insieme solo il viaggio di andata: io, lui e un altro ragazzo del gruppo di Torino.
Noi ci fermammo solo un giorno o due in quell'ambiente stimolante e cosmopolita mentre Edo si fermò più a lungo e più proficuamente e ne tornò entusiasta.
Arrivammo a Firenze in treno e ricordo, come in un flash, la faccia stupita del barista e di qualche avventore quando, con tono molto naturale, Edo ordinò un caffè e... "un panino al cadavere" !!!
In quegli anni nei bar delle stazioni, e non solo in quelli, i panni disponibili erano solo al prosciutto o al salame; tempi ancora duri per i vegetariani in trasferta!

Grazie Edo per quello che hai realizzato a favore di tutti noi.
E grazie anche a te Isabella, per averci rivelato quel che ancora non conoscevamo di lui.



martedì 7 giugno 2016

Il mestiere di meccanico in Costa d'Avorio


Riporto con piacere la storia di un ragazzo che ho avuto modo di conoscere al CPIA2 (scuola di italiano per adulti, sprattutto immigrati) dove da settembre sono tirocinante in orario preserale.
Seydou è un ragazzo in gamba, gli auguro tutto il bene possibile perchè se lo merita.
Riporto qui un articolo della rivistina del centro di housing sociale Sharing Torino.


                                             






Tratto dalla versione cartacea del n. 0 di Ad alta vocewww.sharing.to.it/site/763-2/ 

Quando è stato il momento di decidere gli argomenti di cui parlare su questa pubblicazione, Seydou non ha avuto dubbi: "voglio parlare di lavoro". 
Non intendeva un lavoro a caso ma il suo lavoro, quello che ha esercitato in Costa d'Avorio prima di partire con l'Italia.
Seydou ha 26 anni e quando parla del mestiere di meccanico i suoi occhi si illuminano di orgoglio. Il racconto di Seydou, ha sicuramente a che fare con la passione, con la fatica del'apprendimento, con la tenacia e la volontà di migliorare.

"Ho sempre amato fare il meccanico. In Costa D'Avorio le scuole sono le scuole sono private per cui non ho avuto la possibilità di frequentare per imparare il mestiere. Quello che so l'ho appreso sul campo. Ho cominciato a lavoare all'età di 11 anni presso l'officina di quello che è diventato il mio padrone. Il lavoro è organizzato in squadre e si apprende dai ragazzi più grandi. Ho lavorato per oltre 15 anni e pian piano sono diventato esperto, nell'ultimo periodo ero ero io che insegnavo ad un gruppo di 7-8 bambini appena arrivati".

L'esperienza di Seydou ci apre gli occhi sul fatto che uno stesso mestiere, da una parte all'altra del mondo, può assumere connotati molto differenti, soprattutto per quanto riguarda le condizioni e la percezione della sicurezza: 

"Si lavora dalla mattina alla sera sotto il sole cocente. Quello del meccanico è un lavoro molto pericoloso. Si maneggiano i motori senza protezione, si trattano oggetti pesanti che possono caderti addosso. Spesso capita di farsi male e il padrone è costretto a mandarti a casa fino a quando non sei guarito"

Dietro il fisico esile di Seydou si intuisce una gran forza. E non soltanto la forza di volontà che serve per resistere ad un lavoro faticoso e rischioso. E' soprattutto la forza di volontà che lo ha spinto a fare del suo meglio anche quando in cambio sembrava davvero non esserci un granchè. Saydou tiene infatti a precisare che nei suoi 15 anni di lavoro non ha mai percepito un compenso. Ce lo spiega con una naturalezza disarmante:

"Il padrone non paga nessuno. Si lavora per imparare. La più grande soddisfazione è quando un cliente è contento del lavoro che hai fatto. Ma non sia mai che il padrone ti veda che prendi una mancia o che il cliente ti commissioni un lavoro fuori dalla sua officina! Tutto ciò è assolutamente vietato e se succede il padrone ti fa stare a casa per settimane intere. A me è capitato una volta di riparare una moto, il cliente era talmente contento che mi ha mandato altri 5 clienti. Quando il padrone si è accorto si è arrabbiato tanto da considerarmi un 'nemico'. Ho potuto sopportare tutto  questo solo perchè amo il mio lavoro"

Sembra difficile comprendere cosa spinga una persona a svegliarsi ogni mattina per andare a lavorare ma, anche su questo, Seydou ha idee molto chiare: 

"Si lavora per apprendere un mestiere. Se il padrone ti lascia a casa non hai modo di esercitarti. Quando conosci un mestiere nessuno te lo può togliere dalla mente, questo è quello che guadagni".

Mentre parla del suo lavoro, muove le mani come se tutto il significato stesse lì: nell'abilità di 'saper fare' qualcosa. Poi ci spiega che la fortuna può rendere le cose migliori anche perchè spesso non c'è altra scelta:

"Alcuni padroni sono più bravi di altri, possono aiutare te e la tua famiglia nei momenti di difficoltà. Altri sono egoisti: non ti danno nulla e tengono tutto per sè. Il fatto di passare da un padrone al'altro non è visto bene. Il nuovo padrone può pensare che tu ti sia comportato male dall'altra parte e quindi sceglie di non prenderti"

A dispetto di tutto, Seydou nel suo Paese ci sarebbe rimasto:

"Non me ne sarei andato per le condizioni di lavoro. Sono scappato dal mio paese perchè la crisi della Costa d'Avorio esplosa nel 2010 e il 2011 ha provocato una devastazione totale. Tutto quello che c'era è stato saccheggiato e raso al suole. Non c'era più nessuna opportunità. Il mio sogno era quello di aprire un'officina mia. Ero molto bravo e i clienti erano soddisfatti dei miei lavori quindi avrei potuto sfruttare questa buona reputazione."

Il futuro che gli riserverà il nostro Paese è ancora incerto

"Mi piacerebbe tantissimo poter trovare lavoro come meccanico qui in Italia. Immagino che le condizioni siano molto migliori, che ci sia più sicurezza."

In Italia in genere quando si fa un lavoro si viene anche pagati. Sorride

"Questo sarebbe perfetto!"

lunedì 22 febbraio 2016

Un sogno senza paragoni





A fine gennaio 2003 ero convalescente da una bruttissima influenza, stavo già molto meglio anche se un po' debole. Il giorno prima di tornare al lavoro mi svegliai da un sogno vivido come la realtà, così vero e reale che quando aprii gli occhi non riconoscevo ciò che avevo intorno e rimasi più di un minuto ad osservare gli oggetti che avevo intorno cercando di identificarli e dar loro un nome.
Poi un rumore attrasse la mia attenzione, era la mia amica Cinzia che aveva dormito da me e si stava preparando in bagno.
Istintivamente gridai "Cinzia!" e questo mi fece tornare immediatamente in me.

Leggendo uno dei tanti libri sulle esperienze di pre-morte*, anche chiamate NDE cioè Near death Experience mi è tornato prepotentemente alla memoria questo sogno fuori dall'ordinario perchè vi ho riscontrato alcune similitudini in certe descrizioni del mondo ultraterreno che precede l'indescrivibile contatto col Tutto. Ciò mi fa pensare che ciò che ho sperimentato non fosse un semplice 'sogno' ma un vero e proprio viaggio astrale:

Ero insieme a tante belle persone allegre e colorate, come se stessimo tutti partecipando ad una marcia per la pace, ma senza alcun obiettivo da raggiungere. Eravamo tutti su di un grande prato aspettando di 'attraversare' una porta non ben definita, un passaggio invisibile che però tutti sapevamo essere lì davanti. Tutti attendevano di entrare ma la gente era tanta e allora qualcuno lanciò l'idea di prendersi per mano ed entrare in fila indiana per fare più in fretta; e così abbiamo fatto allegramente commentando che era come tornare bambini...

Appena passati al di là ci siamo trovati su un altro prato in cima ad un promontorio immenso, al tramonto. Si vedeva il mare in lontananza di una bellezza indescrivibile. Il cielo infinito era arancio e oro e una luce intensissima ma che non abbagliava pervadeva lo spazio.
Siamo rimasti tutti a bocca aperta, ammutoliti da tanta bellezza e quando non rimaneva che una piccolissima porzione di sole, prima di scomparire dietro la linea dell'orizzonte, ecco che tre raggi di luce partirono verso di noi arrivando a me e ad altre due persone.
Forse altri raggi arrivarono per altri, ma io ero ormai in uno stato di estasi e per un po' non ho più avuto coscienza di ciò che mi accedeva attorno.
So solo che ad un certo punto mi resi conto di essere stata sollevata in alto e così cominciai a 'nuotare' nell'aria... forse ero morta...

La sensazione di gioia era immensa e 'pensavo' costantemente senza pensare (infatti non era un vero e proprio pensiero, piuttosto uno stato dell'essere corrispondente) a questa domanda:
"Ma come ho potuto dimenticare tutto questo, come ho potuto???"
Avevo la sensazione di essere 'a casa', assolutamente al sicuro nell'immensità dell'universo e degli universi che ancora non percepivo.
Ero così felice che ho cominciato a fare quelle che potrei descrivere come 'capriole', assaporando la sensazione di libertà incredibile. Danzai così ancora un po' poi decisi di rincorrere il sole oltre l'orizzonte. Vedevo il mare scorrere sotto di me a velocità folle, respiravo la luce del sole e mi sentivo allo stesso tempo una cosa sola con ciò che vedevo e allo stesso tempo separata e tutto questo era semplicemente paradsiaco... Ricordo di aver 'pensato': "nessuna gioia è più grande di questa".

Riuscii ad accennare a Cinzia il sogno pazzesco dal quale mi ero appena risvegliata ma non parlai molto perchè ero come attonita. 
In mattinata cominciò a nevicare; grossi fiocchi di neve cadevano lentamente dal cielo grigio.
I pochi rumori erano attutiti dalla neve e io passai quasi tutto il giorno in uno stato estatico di meraviglia guardando il cielo e i fiocchi che cadevano. Mi sentivo estremamente grata e fortunata di aver 'vissuto' un'esperienza così preziosa e quella sensazione di benessere rimase con me ancora qualche giorno. 

* Milioni di farfalle, Eben Alexander, Mondadori 2015
 






lunedì 8 febbraio 2016

Il mio Maestro Nanni






Dopo la morte di Nanni mi sono passate per la mente tante cose e tanti sentimenti e ho pensato di doverle scrivere ma ora ho molta difficoltà a metterle in parole... ci provo.
Per me è stato un vero Maestro, anche se per poco tempo, tre anni circa.
Poco, ma sufficiente per toccarci l'anima a vicenda e per questo mi ritengo privilegiata.

A volte uscendo dall'ufficio alle 18, lo chiamavo per chiedergli se potevo passare e lui mi diceva sempre "certo, passa pure", e allora percorrevo via Garibaldi da Piazza Statuto, di corsa fino al numero 13, ed entravo nell'antico androne del Centro Sereno Regis.

La cosa più bella era il modo con il quale mi accoglieva una volta ogni mese o due.
Immerso come sempre nelle carte e nei libri, davanti al computer, l'immancabile tazza di tè sulla scrivania, interrompeva il lavoro, si alzava quasi di scatto e sorridendo con dolcezza mi diceva "accomodati".  Accoglienza... ecco ciò che sentivo e la gioia di essere lì con lui è evidente dalla mia espressione nella foto 'rubata' dall'amico Moreno che scusandosi, passava velocemente dal suo ufficio (il centro è ancora per me una sorta di labirinto di ballatoi colmi di piante, stanze e scale comunicanti).

Ed ecco che iniziava la nostra conversazione profonda e coinvolgente che si allargava come una spirale sempre più ampia e mi rendevo conto della grande conoscenza delle cose del mondo che non si deducono dall'informazione dei media ma dalla ricerca approfondita sulle fonti autentiche dirette, la sua era una ricerca al di là delle apparenze e dei 'racconti'.

Parlavamo prendendo spunto dai libri che mi presentava da recensire. Mi diceva di scegliere quello o quelli che mi interessavano di più, ma in realtà, difficilmente ve n'era qualcuno che non mi interessava. I libri che vengono richiesti dal centro per la biblioteca e che in cambio vengono recensiti, sono sempre molto interessanti, raramente pubblicati da case editrici note, e trattano problematiche relative alla risoluzione dei conflitti, all'ecologia, la sostenibilità e a tutti i temi del centro  http://serenoregis.org/

Nanni mi ha sempre spronato e fatto sentire adeguata, capace, stimata per ciò che sono, e sono in grado di fare, mi faceva sentire bene, accettata, compresa, e questa è una delle cose più belle che si possono fare ad un essere umano che incrocia il nostro cammino.

Una delle prime volte che ci vedevamo, parlando del mio passato lavorativo da editore, mi aveva confidato che gli sarebbe piaciuto aprire una casa editrice per pubblicare i libri del centro invece di farli pubblicare su commissione da altri editori, e che ci sarebbe stato tanto da fare... ma il progetto Irenea stava assorbendo tutte le risorse o quasi quindi purtroppo era impensabile. Peccato...

L'ultima nostra lunga 'chiaccherata sapienziale' è stata in maggio o forse giugno 2015 e per la prima volta mi sembrò seriamente preoccupato per il futuro del pianeta e dell'umanità; poi i miei impegni di lavoro e ricerca-lavoro mi hanno allontanata dal centro.
Mi è spiaciuto molto non averlo potuto salutare.
Quando sono arrivata all'ospedale era già a metà strada per il Paradiso.

Esattamente un anno fa gli scrissi che il mio impiego era traballante e che al lavoro c'erano tensioni e malelingue infondate su di me che mi rattristavano parecchio; gli chiedevo come stava avendo saputo che non era stato bene, e quando gli scrissi per chiedergli quando sarei potuta passare mi rispose così:

"cara Isabella, mi dispiace per le disavventure, ma le mie purtroppo sono gravi; comunque se passi ci aggiorniamo e ci facciamo coraggio. Ciao Nanni"

Mi rimangono il suo esempio di coerenza che tutti conoscono, il ricordo della sua apertura mentale che mi ricordava quella di mio padre, della sua mite fermezza, la tolleranza e il 'lasciar fare' anche cose che non condidiveva completamente, l'umiltà tipica dei grandi, la sua capacità di ascolto profondo, così rara e preziosa.

Ci rimane il Centro con le sue tantissime attività, non ultima quella di Irenea (lo spazio per sperimentazioni di arte e nonviolenza). Il suo lavoro è stato enorme e silenzioso e penso che i semi sparsi nei cuori di molti giovani e meno giovani non siano stati piantati inutilmente. 

Le cose veramente importanti in genere crescono senza rumore, come l'erba nei prati e gli alberi nelle foreste.