giovedì 22 ottobre 2020

 RICORDO INDIANO - AGOSTO 1987 

     11° parte - Manali





Il viaggio pare infinito. Siamo pigiati come sardine nei nostri sedili, ma almeno non patiamo il caldo. Lungo il percorso ci sono infinite fermate, alcune presso improvvisati baracchini di cibo e chai. Approfittiamo ogni volta per sgranchirci le gambe rattrappite. Il vecchio autobus Tata ha continuato ad arrancare tutto il giorno su per i sentieri scoscesi. Tre marce solamente, tanto quassù a che serve la quarta? I bagagli sono stipati anche sul tetto insieme a qualche passeggero che non ha trovato sedili liberi. Cerco di rilassarmi osservando il panorama senza guardare gli strapiombi e ogni tanto le carcasse dei bus rovesciati. 

Arriviamo nel punto più alto, Rohtang Pass, 3978 metri*. L'aria è fredda e c'è un po' di vento, neanche un albero, solo prati fioriti. Il bus si ferma, scendiamo e a me viene una gran voglia di correre nel prato ma dopo pochi passi mi devo fermare. Non ho calcolato l'altitudine, il fiato è cortissimo, le gambe di cemento... è la prima volta nella vita che sono così in alto in montagna e... sarà pure l'ultima. Unico essere umano lassù: un pastore avvolto in una coperta, col suo cane e il suo gregge. 



Finalmente arriviamo, e mentre mi carico lo zaino sulla schiena, riempio i polmoni di aria tiepida, pulita e profumata. Mi basta quella a far dimenticare la fatica del viaggio. L'albergo in cui ci sistemiamo costa poco ma incredibilmente pulito, con tutti i confort.  Sui letti troviamo persino piumini d'oca e in bagno l'acqua calda. Il proprietario è un ragazzo allegro, sembra un folletto. Siamo eccitati e felici... 

Usciamo a far quattro passi e a mangiare qualcosa. E' tutto diverso, non ci sembra più di essere in India. Notiamo moltissimi rifugiati tibetani. In effetti Dharamsala, dove il Dalai Lama risiede dal 1960, è a 220 chilometri. Nelle botteghe si vendono cose molto diverse. Anche il cibo è diverso e siamo curiosi di assaggiarlo. Entriamo in una minuscola bottega-ristorante, con due tavolini, da dove arriva un buon profumo. La signora tibetana ci sorride, sul bancone c'è un'enorme matassa di spaghetti spessi e gialli, e sul fuoco è pronto un grande pentolone di acqua bollente. Rimaniamo a guardare affascinati mentre lei ci chiede se preferiamo i nuddles, gli spaghettoni, o i momo, grossi ravioli ripieni simili a quelli cinesi. Chiedo cosa c'è dentro i momo e lei risponde allegramente mutton of course! Carne di montone, come se fosse scontato. E vada per la carne di montone mai assaggiata! E' anche la prima volta che mangiamo carne qui in India.

Dopo aver letteralmente divorato i deliziosi ravioloni, facciamo una passeggiata e chiediamo in giro cosa c'è da vedere di bello. La città è piccola, un paese praticamente. Ci indicano le terme di Vashisht, a pochi chilometri, ci si arriva facilmente a piedi, ma occhio a tornare prima del buio! La polizia gira e controlla chiunque, c'è ancora molta tensione tra Punjab e India, e qualche attentato nelle grandi città.
Di buon mattino cerchiamo un mezzo per raggiungere Vashisht poi decidiamo di incamminarci, sono solo tre chilometri e il cielo è terso. Arriviamo e ci rendiamo subito conto di essere in un posto magico. Facciamo conoscenza con una strana coppia, lui si atteggia a baba (=guru), o pseudo tale; convive con lei che è tedesca, e col suo bambino biondissimo. Sono ospitali e ci offrono un buon chai speziato. Lui è molto fascinoso, occhi profondi, lunghi capelli lucidi e profumati raccolti in una crocchia, mani affusolate ed eleganti, voce suadente. Comprendo perché la signora tedesca si è fermata a vivere qui. Chissà di che vivono? Forse vendono charas, la resina dell'hashish, non lo so, e poco mi interessa. Sta di fatto che Massimo ha cominciato a fumare un po' e l'effetto che ha su di lui è a dir poco prodigioso. Niente più litigi e irritazioni, è diventato piacevolissimo viaggiare con lui. Dio sia lodato! "Boom Shankar!" ** 

Ci spiegano dove sono le terme, ci rechiamo là e ci immergiamo nell'acqua calda. Lì vicino c'è un ritrovo di baba e altri che fumano. Mi incuriosiscono, li trovo folkloristici. Non c'è nulla di sacro nel loro atteggiamento, vivono così, fumando e donando perle di saggezza a chi li interpella. E così fa anche il nostro amico che ci intrattiene con disquisizioni spirituali su come la danza di Shiva sostenga il pianeta. 



Una di queste chiacchierate sapienziali si prolunga più del dovuto e ci accorgiamo che è già buio. Non ci sono più bus per tornare a Manali, alle 21 scatta il coprifuoco quindi ci incamminiamo affrettando il passo il più possibile sperando in un passaggio. Sono inquieta. Massimo ride come un incosciente. Ha fumato parecchio e l'ansia non lo sfiora minimamente. Ecco il rombo di un motore in lontananza dietro di noi. Spunta una camionetta militare. Accidenti. Dico a Massimo di smettere di ridere, di tacere assolutamente e lasciar parlare me. Se apre bocca il suo stato alterato sarebbe evidente. L'hashish è illegale qui, solo ai sadhu è concesso fumare per motivi religiosi. Come previsto la camionetta accosta e si ferma. Sfoggio un sorriso innocente e dico che abbiamo fatto tardi, e se per piacere ci danno un passaggio, così non arriviamo in hotel dopo le nove. "Prego, salite pure" poi le solite domande di rito ma niente controllo passaporti. Sono giovani e per niente minacciosi ma comunque dico loro che Massimo non sa l'inglese e lui, annuisce con sorriso beato... Quando arriviamo nella piazza di Manali tiro un sospiro di sollievo. Scendiamo, ci fanno ciao con la mano. E' andata.

* Rohtang Pass, a volte anche chiamato Rohtang La è un Passo di montagna  himalayano, nello stato dell'Himachal Pradesh. Il passo collega la Valle di Kullu con Lahaul. Il nome Rohtang significa "cadaveri" a causa delle parti pericolose dove la strada passa sopra i precipizi. Dal lato sud della strada del passo, sul lato sopravvento del Grande Himalaya, cadono spesso pioggia e neve, che possono peggiorare parecchio le condizioni della strada. Un altro motivo per cui il passo è pericoloso è l'elevato traffico rispetto ad altri passi attraverso l'Himalaya. Io a quel tempo, ovviamente, non sapevo nulla di tutto ciò.

** Boom Shankar! Invocazione al dio Shiva (Shankar): deriva proprio dall'uso del chillum e dal rito praticato dai santoni che, innalzandolo sulla fronte prima di accenderlo, invocano Shiva e gli altri dei affinché giungano a loro per condividere l'hashish. 


CONTINUA CON LA 12° PARTE: 
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