Miracoli
Quindici giorni di vacanza in Marocco, era il 1992.
Di quella vacanza ho alcuni ricordi un po' confusi e due indelebili. Senza cedere a facili fascinazioni, la mia mente ha analizzato l'accaduto ma in entrambi i casi ma non ha trovato spiegazioni razionali a ciò che mi è accaduto; adotto quindi l'atteggiamento “scettico” nell'accezione originale del termine, cioè prendo in considerazione ogni cosa senza escludere nulla. Se invece ascolto il mio sentire profondo, il cuore come si suol dire, la risposta la conosco bene.
Siamo a Mohammedia, città portuale, ospiti dei genitori di un amico, nella grande casa messa a disposizione dall'azienda elettrica italiana per la quale il padre ingegnere lavora. E' infatti quasi finita la costruzione della più grande centrale elettrica del Marocco. Siamo in una specie di enclave di lavoratori italiani con comode case e personale messi a disposizione per i dipendenti. La simpatica cuoca marocchina cucina da dio e anche l'autista è sempre allegro e disponibile.
Il caldo è secco, piacevole, la spiaggia è immensa, senza bagnino e senza alcun servizio di raccolta rifiuti; solo le bandiere rosse se il mare è grosso cioè quasi sempre; sì perché sulla battigia la forza dell'oceano scava la sabbia sotto i piedi come se volesse trascinarci via, è pericoloso immergersi quindi si passeggia al vento in riva al mare visto che persino la sorella dell'amico che ci ospita, provetta nuotatrice, non riusciva più a tornare a riva.
Gita a Mulay Idriss, un paese dove si trova la tomba di Idris I*, luogo sacro per l'Islam in cima ad una collina e circondato da deserto a circa due ore e mezzo da Mohamedia, ancora senza alcuna struttura turistica. Per tutto il viaggio i miei amici fumano canne e l'auto si riempie di fumo di hashish. Comincio a sentirmi strana e non vedo l'ora di arrivare.

Arriviamo intorno alle 11,30 e in paese il caldo è atroce. Penso di comprare una bevanda di magnesio e potassio in farmacia ma pare non ne esista neanche una. L'ansia sale. Cerco di controllare la mente ma poco dopo la crisi di panico esplode. Troviamo una bottega di gioielli e altri prodotti artigianali gestita da una bella ragazza che parla inglese. Mi stacco dagli amici e chiedo ospitalità dicendo che non mi sento bene. La gentile ragazza mi fa stendere facendomi aria con un ventaglio e mi dà da bere. Mi fa anche usare il suo bagno, santa donna. Gli amici entrano e mi dicono "Dai, cerca di tirarti su"... no comment. Passato il peggio della crisi mi rimetto in piedi e provo ad uscire dalla bottega fresca. Appena fuori, investita dall'ondata di calore, mi appoggio al muro della casa. Mi sento debolissima e temo di svenire dal caldo. I miei amici, allora parecchio immaturi, mi guardano come allocchi e mi chiedono “ti sei ripresa?”.

Osservo l'aria tremula, lontano tra le case. Ad un tratto scorgo un vecchio curvo e storpio che avanza a fatica. Mi guarda, viene dritto verso di me, si avvicina ancora, e senza parlare mi prende per mano. Lo seguo docilmente come un automa, senza pensieri. I miei amici mi guardano andar via senza dir niente. Giriamo l'angolo della casa ed entriamo in un cortile ombroso dove al centro c'è un grande bacile di acqua vicino ad un rubinetto. A gesti mi indica di inginocchiarmi, quindi mi immerge le braccia nell'acqua fredda fino ai gomiti poi comincia a buttarmi acqua sul viso. Io lascio fare mentre dal cuore mi sale un pianto liberatorio. Rimango lì per un po' a bagnarmi anche la nuca ma quando alzo lo sguardo il vecchio non c'è più. Mi alzo e guardo meglio attorno, giro l'angolo, non può essere andato lontano ma di lui non c'è più traccia. Chiedo agli amici quale direzione ha preso ma mi rispondono:
“Chi?"
“Il vecchio storpio! Da che parte è andato?”
“Da qui non è passato nessun vecchio storpio, dai che se stai meglio possiamo andare a visitare le rovine di Volubilis**”.
Qualcuno deve avermi ha mandato quel vecchio in aiuto, nessuno me lo toglie dalla mente.
* * *
Il gentile autista ogni giorno ci porta a visitare un luogo diverso: Fes, Meknes, Rabat evitando il caos di Casablanca. Le medine, i suk e le moschee delle città mi affascinano. Nella medina di Fes conciano e tingono le pelli di bovini e ovini con la tecnica antica. Spero che i colori siano naturali perché ci rimangono immersi tutto il giorno.
Un giorno si decide di andare ad una festa tradizionale nel deserto; ci saranno corse di cavalli al mattino, giostre per i bambini e altro nel pomeriggio. Ingenuamente pensiamo di andare ad una specie di sagra di paese come le nostre, invece ci troviamo nel bel mezzo della Tbourida*** una festa tradizionale marocchina.
L'autista ci spiega in francese che è una festa bellissima e ci sono tante tende dove la gente si trasferisce per quei giorni. Arriviamo, parcheggiamo e con l'amica italiana e la figlia dell'autista, cominciamo a gironzolare per l'immensa distesa di grandi tende familiari bianche, tutte uguali. L'entusiasmo ci prende la mano e notiamo con piacere di essere le uniche due occidentali presenti (quel giorno i ragazzi erano rimasti a casa).
Ci divertiamo parecchio e chiacchieriamo piacevolmente girovagando a caso tra le tende; non ricordo di aver avuto particolarmente caldo. Il pomeriggio volge al termine e lentamente comincia ad imbrunire. Le mie due compagne decidono di salire su una collina per vedere il tramonto e fumare. Le seguo attratta dall'idea del tramonto, ma presto mi rendo conto di una certa mia cecità crepuscolare e incespico sulla salita piuttosto ripida e difficoltosa a causa dei grossi sassi.
Comunico alle mie compagne di avventura che mi fermo ad aspettarle “ma sì, tanto torniamo presto e ripassiamo di qua...”. Mi siedo e mi rilasso osservando il panorama e il cielo che cambia colore. Passa un quarto d'ora. Passa mezz'ora. Passano tre quarti d'ora ma le mie compagne non si vedono. Mi alzo pensierosa e comincio a sentirmi vagamente inquieta. Mi risiedo e cerco di rilassarmi. Penso che chiacchierando in compagnia di una canna bella carica davanti al tramonto, avranno sicuramente perso la nozione del tempo. Dopo altri dieci minuti comincio a valutare la possibilità di cominciare a scendere. Ora però è molto buio, niente luna, e il chiarore proveniente dalla grande tendopoli in basso non è affatto sufficiente.
Per l'ennesima volta mi giro verso la cima della collina nella speranza di veder comparire le due ragazze. Questa volta però intravedo un giovane accovacciato pochi passi dietro di me, un po' più in alto rispetto alla mia posizione. Da dove è arrivato? Non avevo avvertito rumore di passi sulla collina scoscesa...
“Ti sei persa?” mi chiede in francese senza presentarsi.
“In realtà sto aspettando le mie amiche che sono andate su in cima, ma non tornano, e ora è buio. Pensavo di scendere”.
“Aspetta, vengo lì”.
“Ok”.Mi raggiunge e mi spiega che scendere al buio sarà un po' arduo.
“Dammi la mano, scendiamo insieme, ti accompagno, ma dimmi da che parte è la vostra tenda”
“La tenda degli amici del nostro autista marocchino mi pare sia verso l'entrata ma in realtà non ne sono sicura e non mi oriento affatto in questo mare di tende tutte uguali!”
“Prova a sforzarti, forse verso destra o di là a sinistra, di ingressi ce ne sono più di uno”
“Uhm, proprio non ricordo”
“Allora scendiamo, ho un'idea, dammi la mano... attenta”
Mi sento stranamente al sicuro, per nulla preoccupata o sospettosa, anzi, tranquillissima.
Ad un certo punto sentiamo degli schiamazzi e lui mi dice:
“Quei ragazzi sono ubriachi, non mi piacciono, vieni scendiamo più in là”
Quando arriviamo alla base della collina:
“Ora andiamo alla tenda della polizia e facciamo fare un annuncio in arabo, in francese e in italiano dicendo che sei in attesa nella tenda dove ti porterò”
“Geniale, grazie, grazie mille!”
Arriviamo al tendone della polizia, entro e mi fanno accomodare. Il poliziotto scambia pochi cenni col ragazzo poi va alla scrivania, mi squadra e comincia a rimproverarmi duramente in francese:
“Ma lei è matta? Che ci fa qui da sola? Lo sa che qui rapiscono le donne bianche che poi non riusciamo più a ritrovare? E' successo parecchie volte! Non si accetta la compagnia di sconosciuti e soprattutto non si va in giro da sole!”
Ho provato a spiegare delle amiche sparite e che, se non era per quel ragazzo, sarei ancora là ad aspettare al buio ma era talmente alterato che era inutile discutere.
Il ragazzo che nel frattempo era rimasto fuori, mi accompagna in un'ampia tenda dove c'è una grassa signora seduta per terra vicino ad una enorme pentola. Mi dice che sarebbe rimasto fuori ad aspettare, e di sedermi con lei ad aspettare. La grande donna sorridente come un Buddha cinese era intenta ad affettare una montagna di cipolle probabilmente per il Tajine**** per un reggimento!
Mi parla in arabo e ride di gusto dei miei sforzi per farmi comprendere a gesti; rimango lì mezz'oretta a scherzare con lei finché, come una furia, entra urlando la mia amica Lilia:
“Tu sei pazza! Sono due ore che ti cerchiamo! Lo sai che l'anno scorso hanno rapito una donna che conoscevo!? Ma che ti salta in mente, mi vuoi far morire di infarto! Matta che non sei altro!!”
Tento di ribattere dicendo che sono rimasta ferma ad aspettarle per quasi un'ora ma lei continua ad abbaiarmi addosso una serie di improperi e imprecazioni quindi taccio anche questa volta. Quando usciamo dalla tenda le dico:
“Aspetta, fammi almeno ringraziare il ragazzo che mi ha aiutata, è rimasto qui fuori”
“Ma che dici, quale ragazzo? Quando sono arrivata non c'era nessuno, sei tu che sei fuori! Andiamo che ci aspettano, non perdiamo altro tempo”
“Ma come... era qui, vedevo anche la sua ombra da dentro, devo ringraziarlo, cerchiamolo!”
“Tu sei proprio fuori di testa, non dire cazzate, qui non c'era nessuno, andiaaaaaamo!”
La seguo molto abbattuta voltandomi indietro ogni due passi sperando di vedere tra la folla il mio salvatore. Sparito nel nulla. Non conosco il suo nome... Non abbiamo neanche avuto il tempo di presentarci... la sensazione però era quella di conoscerlo da sempre e mentre scendevamo dalla collina non mi ha sfiorato il minimo dubbio. Mi ha presa per mano e su di me è scesa la calma, come se fossi protetta da un... angelo.
* Fondatore della prima dinastia reale del Marocco (788 - 791 a.C.)
** Volubilis è un'antica città romana fondata dai Cartaginesi, dichiarata Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO nel 1997. Si tratta di uno dei resti meglio conservati dell'Impero Romano in Nord Africa
*** Molto probabilmente era il 20 agosto, quando si celebra la “rivoluzione del re e del popolo”. Questa antica arte equestre risalente al XV secolo e ora patrimonio UNESCO, mette in scena in occasione di specifiche feste nazionali, una spettacolare esibizione di cavalli e cavalieri
**** Stufato speziato di carne e verdure che prende il nome dal contenitore di terracotta col tipico coperchio a forma di cono
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