mercoledì 3 settembre 2014
Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse come la mia ombra
mi stava accanto anche nel buio
non dico che fosse come le mie mani e i miei piedi
quando si dorme si perdono le mani e i piedi
io non perdevo la nostalgia nemmeno durante il sonno
durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse fame o sete o desiderio
del fresco nell'afa o del caldo nel gelo
era qualcosa che non può giungere a sazietà
non era gioia o tristezza non era legata
alle città alle nuvole alle canzoni ai ricordi
era in me e fuori di me.
Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
e del viaggio non mi resta nulla se non quella nostalgia.
Nazim Hikmet
***
Non volevo andare in India. Temevo l'ignoto e la povertà. Fortunatamente sono partita perché si è rivelata un'esperienza fondante. A distanza di 34 anni certi profumi di spezie e il suono del sitar ancora mi provocano il Mal d'India... una volta preso, non passa. L'India che racconto non esiste più, per questo ho voluto farle omaggio e fare omaggio a me stessa che all'età di 26 anni, con santa incoscienza, senza GPS, cellulari o guide che non fosse la Lonely Planet, ho intrapreso il mio unico vero "viaggio", sulle sue strade indiane e dentro di me.
Parte 1° - New Delhi
Mentre l'aereo si avvicinava alla pista di New Delhi, il panorama era veramente estraneo, un'enorme distesa color erba secca divisa in forme geometriche quadrate.
Caldo. Caldo umido mai provato che piega le gambe e chiama fuori tutta l'acqua che si ha in corpo. Appena fuori dall'aeroporto un caldo così proprio non me lo aspettavo...
Sul grande taxi nero londinese tiro giù il finestrino ma subito lo richiudo perché ricevo in faccia aria bollente come da un enorme phon. Odore di polvere di terra sconosciuta. Il taxista ci avvisa che la sera è bene evitare di uscire perché c'è una sorta di coprifuoco in conseguenza alle annose tensioni con lo stato del Punjab confinante a nord, che vorrebbe l'indipendenza.
Arrivati in città, nella cacofonia di suoni della strada, non capisco nulla, tutti suonano, tutti corrono, tutti passano. Cerco un semaforo ma non lo trovo, cerco di attraversare e penso di rinunciare, poi mi butto e attraverso insieme ad una donna. Lentamente, e magicamente le auto si fermano per lasciarci passare. Nelle strade strette, odori di spezie sconosciute, profumi acri e dolci che stimolano il mio cervello, acuiscono l'attenzione 'animale'.
Cantilene e teste ondeggianti che mi danno indicazioni. Tanti volti seri di uomini e donne avvolte nei sari oppure coi panjabi, tutti camminano veloci.
E poi loro... i sorrisi ambulanti, i bambini... nonostante il caldo atroce, i piedi nudi e addosso solo straccetti sporchi, loro sorridono, ridono; qualcuno mi tira delicatamente la camicia con le manine. Bashis bashis... 'elemosina', è la parola che risuona ovunque, il suono è questo ma chissà come si scrive!. L'insensibilità dei poliziotti verso questi piccoli è a dir poco intollerabile: "Ma le danno fastidio, lady..." - "E lei pensi agli affari suoi, mister!"
Ospiti di una donna conosciuta in aereo, passiamo la notte caldissima a casa sua e al mattino ci mostra il centro yoga e l'asilo per bambini che gestisce. Povero, con giochi rudimentali che ricordano i nostri degli anni '50-60 e una vecchia maestra o babysitter, bidella, chi lo sa.
All'ufficio postale, il 24 luglio inviamo a casa il primo telegramma. Telefonare è molto complicato, non si riesce a prendere la linea. "Manderemo telegrammi, promesso mamma" avevo detto prima di partire. Ancora non so come ho fatto a convincerla...
Siamo in centro nel quartiere del bazar, il Chawri Bazar e dopo una bella camminata sfiancante capitiamo nella moschea, saliamo sul minareto e poi di nuovo giù. Si sta bene all'ombra sul pavimento fresco. Mentre siamo lì a rilassarci arriva un bimbo con il padre, ci sorride. Poi, nascosta dietro una colonna, noto una bambina molto povera con in braccio la sorellina. Poco dopo la vedo dietro un'altra colonna, più vicina. Mi aspetto che venga a chiedermi l'elemosina ma non osa avvicinarsi di più. Le faccio segno di avvicinarsi. E' veramente poverissima... Invece dei soldi mi chiede photo, photo facendo il gesto di fotografare. Massimo scatta la foto e io vorrei portarmela a casa...
Dopo aver visto lebbrosi su carrellini che spingono con le mani, e altre orde di bambini in miseria, ci viene l'urgenza di fuggire per luoghi più umani. Dopo due giorni di frastuono cercando di capire cosa vendono nei negozi, pensiamo di andare nel Rajastan, a Pushkar, un piccolo paradiso intorno ad un lago sacro che gli amici ci avevano indicato. Ma prima faremo tappa a Jaipur, la città rosa, famosa per le pietre preziose, l'argento, la seta e il Palazzo dei venti**
* Sposa di Vishnu e forza creatrice dell’Universo, Lakshmi è la personificazione della saggezza. Il suo fiore è il loto, su cui viene spesso rappresentata seduta. Il loto è una pianta di grandissima simbologia spirituale e filosofica perché nasce nel fango ma emerge alla luce, galleggiando sulla superficie dell’acqua. Nel caso di Lakshmi il loto indica anche che i frutti positivi della fortuna derivano dal lavoro, dalla perseveranza, da quel che è stato seminato nel passato, e anche dalla capacità di trasformare il potenziale del fango e dell’acqua in qualcosa di diverso, buono, bello e utile.
** L'Hawa Mahal, questo edificio di cinque piani, è in realtà un’estensione del Palazzo Reale, un alto muro che doveva servire da schermo per le donne della famiglia reale, che dietro di esso potevano assistere alle cerimonie che si svolgevano in strada senza che nessuno potesse vederle.
CONTINUA CON LA 2° PARTE:
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