Miracoli
Siamo a Mohammedia, città portuale, ospiti dei genitori di un amico, nella grande casa messa a disposizione dall'azienda elettrica italiana per la quale il padre ingegnere lavora. E' infatti quasi finita la costruzione della più grande centrale elettrica del Marocco. Siamo in una specie di enclave di lavoratori italiani con comode case e personale messi a disposizione per i dipendenti. La simpatica cuoca marocchina cucina da dio e anche l'autista è sempre allegro e disponibile.
Il caldo è secco, piacevole, la spiaggia è immensa, senza bagnino e senza alcun servizio di raccolta rifiuti; solo le bandiere rosse se il mare è grosso cioè quasi sempre; sì perché sulla battigia la forza dell'oceano scava la sabbia sotto i piedi come se volesse trascinarci via, è pericoloso immergersi quindi si passeggia al vento in riva al mare visto che persino la sorella dell'amico che ci ospita, provetta nuotatrice, non riusciva più a tornare a riva.
Gita a Mulay Idriss, un paese dove si trova la tomba di Idris I*, luogo sacro per l'Islam in cima ad una collina e circondato da deserto a circa due ore e mezzo da Mohamedia, ancora senza alcuna struttura turistica. Per tutto il viaggio i miei amici fumano canne e l'auto si riempie di fumo di hashish. Comincio a sentirmi strana e non vedo l'ora di arrivare.
Arriviamo intorno alle 11,30 e in paese il caldo è atroce. Penso di comprare una bevanda di magnesio e potassio in farmacia ma pare non ne esista neanche una. L'ansia sale. Cerco di controllare la mente ma poco dopo la crisi di panico esplode. Troviamo una bottega di gioielli e altri prodotti artigianali gestita da una bella ragazza che parla inglese. Mi stacco dagli amici e chiedo ospitalità dicendo che non mi sento bene. La gentile ragazza mi fa stendere facendomi aria con un ventaglio e mi dà da bere. Mi fa anche usare il suo bagno, santa donna. Gli amici entrano e mi dicono "Dai, cerca di tirarti su"... no comment. Passato il peggio della crisi mi rimetto in piedi e provo ad uscire dalla bottega fresca. Appena fuori, investita dall'ondata di calore, mi appoggio al muro della casa. Mi sento debolissima e temo di svenire dal caldo. I miei amici, allora parecchio immaturi, mi guardano come allocchi e mi chiedono “ti sei ripresa?”.
“Il vecchio storpio! Da che parte è andato?”
“Da qui non è passato nessun vecchio storpio, dai che se stai meglio possiamo andare a visitare le rovine di Volubilis**”.
Qualcuno deve avermi ha mandato quel vecchio in aiuto, nessuno me lo toglie dalla mente.
* * *
Il gentile autista ogni giorno ci porta a visitare un luogo diverso: Fes, Meknes, Rabat evitando il caos di Casablanca. Le medine, i suk e le moschee delle città mi affascinano. Nella medina di Fes conciano e tingono le pelli di bovini e ovini con la tecnica antica. Spero che i colori siano naturali perché ci rimangono immersi tutto il giorno.
Un giorno si decide di andare ad una festa tradizionale nel deserto; ci saranno corse di cavalli al mattino, giostre per i bambini e altro nel pomeriggio. Ingenuamente pensiamo di andare ad una specie di sagra di paese come le nostre, invece ci troviamo nel bel mezzo della Tbourida*** una festa tradizionale marocchina.
Ci divertiamo parecchio e chiacchieriamo piacevolmente girovagando a caso tra le tende; non ricordo di aver avuto particolarmente caldo. Il pomeriggio volge al termine e lentamente comincia ad imbrunire. Le mie due compagne decidono di salire su una collina per vedere il tramonto e fumare. Le seguo attratta dall'idea del tramonto, ma presto mi rendo conto di una certa mia cecità crepuscolare e incespico sulla salita piuttosto ripida e difficoltosa a causa dei grossi sassi.
“Aspetta, vengo lì”.
“Ok”.
Mi sento stranamente al sicuro, per nulla preoccupata o sospettosa, anzi, tranquillissima.
Ad un certo punto sentiamo degli schiamazzi e lui mi dice:
“Quei ragazzi sono ubriachi, non mi piacciono, vieni scendiamo più in là”
Quando arriviamo alla base della collina:
“Ora andiamo alla tenda della polizia e facciamo fare un annuncio in arabo, in francese e in italiano dicendo che sei in attesa nella tenda dove ti porterò”
“Geniale, grazie, grazie mille!”
Ho provato a spiegare delle amiche sparite e che, se non era per quel ragazzo, sarei ancora là ad aspettare al buio ma era talmente alterato che era inutile discutere.
Il ragazzo che nel frattempo era rimasto fuori, mi accompagna in un'ampia tenda dove c'è una grassa signora seduta per terra vicino ad una enorme pentola. Mi dice che sarebbe rimasto fuori ad aspettare, e di sedermi con lei ad aspettare. La grande donna sorridente come un Buddha cinese era intenta ad affettare una montagna di cipolle probabilmente per il Tajine**** per un reggimento!
Tento di ribattere dicendo che sono rimasta ferma ad aspettarle per quasi un'ora ma lei continua ad abbaiarmi addosso una serie di improperi e imprecazioni quindi taccio anche questa volta. Quando usciamo dalla tenda le dico:
La seguo molto abbattuta voltandomi indietro ogni due passi sperando di vedere tra la folla il mio salvatore. Sparito nel nulla. Non conosco il suo nome... Non abbiamo neanche avuto il tempo di presentarci... la sensazione però era quella di conoscerlo da sempre e mentre scendevamo dalla collina non mi ha sfiorato il minimo dubbio. Mi ha presa per mano e su di me è scesa la calma, come se fossi protetta da un... angelo.