"Abbasso le armi!"
Un ritratto di Bertha von Suttner
(Praga, 9
giugno 1843 – Vienna, 21 giugno 1914)
A volte il
destino è clemente, come nel caso di Bertha von Suttner che dopo una vita
passata a promuovere la causa della pace tra le nazioni, morì il 21 giugno
1914, cioè una settimana prima del fatale attentato di Serajevo che diede
inizio alla Prima Guerra Mondiale. Fu una pioniera del movimento pacifista che
ebbe origine verso la fine dell'ottocento e fu la prima donna a ricevere il
premio Nobel per la Pace
nel 1905; se vi recate in Austria troverete il suo volto raffigurato sulla
moneta da due euro.
In Italia pochi
la conoscono, purtroppo, ma quest'anno si celebrano i cento anni dall'inizio
della Prima Guerra Mondiale e la sua figura riemerge da quel passato che non è
poi così lontano. Era di famiglia aristocratica, infatti il suo nome completo è
Bertha Sophia Felicita dei conti Kinsky von Chinic und Tettau, però lei sentiva
di non appartenere a quel mondo e infatti col tempo se ne allontanò per vivere
del suo lavoro come istitutrice e segretaria. La vita degli anni della
giovinezza le permisero in seguito di descrivere efficacemente quell'ambiente
conservatore dove la carriera militare e la gloria delle medaglie era la
massima aspirazione e un modo di avanzare nella scala sociale.
Bertha von
Suttner fu una scrittrice prolifica ma il vero successo arrivò solo con il
romanzo Abbasso le armi! uno straordinario documento storico attraverso
il quale riuscì a diffondere efficacemente le idee pacifiste che le stavano a
cuore. Il libro all'inizio trovò le solite resistenze alla pubblicazione da
parte degli editori a causa delle idee rivoluzionarie che veicolava ma infine venne
pubblicato a Dresda nel 1889 quando l'autrice aveva quarantasei anni e in
seguito venne tradotto in venti lingue. La sua intuizione che un romanzo
avvincente sarebbe stato sicuramente più efficace di un trattato per divulgare
le sue idee, si rivelò corretta. Leggendo si è indotti a pensare che la
protagonista Martha sia in realtà l’autrice, tanto la narrazione è intensa e
realistica. Con un abile artificio narrativo scavalca i dubbi di proselitismo: «Non
hai qualche timore? Si nota la tua intenzione e questo può irritare – fa dire
al figlio della protagonista verso la fine del romanzo – Ciò può valere
soltanto quando si intuisce che l’autore crede di poter tenere nascosta la sua
intenzione con furbizia. Ma la mia è lì, chiara come la luce del sole; è già
resa nota dalle tre parole del titolo. (…)».
Questo successo
si spiega per vari motivi: prima di tutto il grande talento narrativo, la
capacità di descrivere i caratteri e i sentimenti umani con notevole
approfondimento psicologico unita alla conoscenza dettagliata della situazione politica. La novità
rappresentate dal romanzo erano innanzitutto il racconto della guerra dalla
prospettiva di una donna e le descrizioni incredibilmente realistiche delle
spaventose battaglie che nessuno aveva mai fatto. Il tema della pace,
rivoluzionario per quell'epoca, riuscì a scuotere molte coscienze e il grande
Tolstoj scrisse: «La pubblicazione del vostro libro è per me un buon segno. Il
libro La capanna dello zio Tom ha contribuito all’abolizione della
schiavitù. Dio faccia sì che il vostro libro serva allo stesso scopo per
l’abolizione della guerra».
Il libro uscì in
concomitanza con alcuni importanti eventi e questo favorì l'attenzione del
pubblico verso di esso: l'Esposizione internazionale a Parigi, le celebrazioni
per il centenario della Rivoluzione Francese ma soprattutto il Congresso
Universale della Pace che diede modo di incontrarsi a tutti i pacifisti del
mondo e ai parlamentari che costituirono l'Unione Interparlamentare. Il romanzo
venne anche pubblicato a puntate sulla rivista «Varwarts» (Avanti), la von Suttner infatti simpatizzava per i
socialisti perché il pacifismo era un punto importante del loro programma ma
non aderì mai ad alcun partito politico perché la Lega per la Pace aveva come unico
obiettivo la pace internazionale e Bertha era sicura che questa avrebbe alleviato
la povertà e la tensione sociale; era infatti fermamente convinta che prima
fosse indispensabile il disarmo e che le condizioni sociali sarebbero
migliorate di conseguenza.
Il racconto non
manca ogni tanto di punte di ironia e di sarcasmo, specialmente quando parla
delle contraddizioni insite nei discorsi religiosi relativi alla protezione degli
eserciti in guerra:
«(…) Non rimane
che invocare la benedizione del cielo sui combattenti. Poiché questo è certo:
al buon Dio deve interessare molto che il protocollo dell’8 maggio sia
mantenuto e che la legge del 13 gennaio sia annullata. Egli deve guidare le
cose in modo da fare sì che muoiano tanti uomini e brucino tanti villaggi
quanti ne occorrono perché il ramo dei Gluckstadt o quello degli Augustenburg
regni sopra questa piccola particella del globo terrestre. (…)».
Abbasso le
armi! è un libro poco conosciuto in Italia; viene tradotto e pubblicato la
prima volta nel 1897 dalla famosa casa editrice Fratelli Treves Editori, le
Edizioni Gruppo Abele lo rieditano nel 1989 e nel 1996 viene ripreso dal Centro
Stampa Cavallermaggiore.
Quest'anno,
nell'anniversario del primo conflitto mondiale, è stato ristampato e
spero vivamente che venga riscoperto perché oltre ad essere una lettura
avvincente, ci rende consapevoli di come fosse terribile la guerra anche prima
del novecento: scontri tra eserciti fatti di feroci combattimenti sui campi di
battaglia dove i feriti venivano abbandonati agonizzanti per giorni perché il
servizio infermieristico era assolutamente inadeguato. Viene riportato che il
Ministro francese delle Finanze Dunajewski nel 1890 disse: «Signori, prendetevi
alcune ore di tempo per leggere Die
Waffen nieder!. Vergogna a tutti quelli che, avendolo letto, si sentono
ancora in grado di muovere guerra!».
Il romanzo è basato
su approfondite ricerche di materiali e resoconti sulle atrocità della guerra,
incontri avuti con generali, studio di cifre e bilanci dell'esercito e della
Croce Rossa allora appena istituita. Questa ebbe un inizio travagliato per
l'opposizione di molti e la von Suttner ne apprese i dettagli. Avviò quindi una
corrispondenza col fondatore, lo svizzero Henri Dunant, che grazie alla sua
influenza personale su Alfred Nobel, nel 1901 ottenne il Premio Nobel per la Pace.
Queste sue
parole rendono bene l’idea del suo pensiero in proposito:
«(…) La cosa più
stupefacente, a me sembra, è che gli uomini si possano mettere da soli,
volontariamente, in uno stato simile; che gli uomini che hanno visto cose
simili non cadano in ginocchio prestando il giuramento più appassionato di fare
la guerra alla guerra e, se sono re o principi, non gettino via la loro spada
e, se invece non hanno potere, non consacrino almeno la loro attività di
parola, di penna, di pensiero, d’insegnamento e di azione ad uno scopo: abbasso
le armi! (…)».
Come donna
occupava una posizione privilegiata. Era accettata in un mondo di uomini,
partecipava come gli uomini a molti eventi ufficiali, come la Conferenza de L'Aja,
ove aveva lo status speciale di giornalista acquisito fondando la rivista «Die Waffen nieder!» (Abbasso le
armi!) avente come scopo di appoggiare l'Unione Interparlamentare e i Congressi
Universali della Pace. L'aver iniziato la sua carriera di pacifista al Campidoglio
di Roma, prima donna ad aver tenuto un discorso, le conferì probabilmente grande
coraggio e fiducia. Da quel momento diventò uno dei conferenzieri più famosi
del suo tempo, riconosciuta come scrittrice di livello e leader pacifista.
Ispirava rispetto e nessuno rimaneva indifferente perché aveva l’autorevolezza
di chi lavora instancabilmente per un alto ideale. La stampa maschilista
dell’epoca la deride con vignette satiriche ma lei non se ne cura e continua a
dire: «(…) le donne non staranno zitte. Scriveremo, terremo discorsi,
lavoreremo, agiremo. Le donne cambieranno la società e loro stesse (…)» e dopo
il suo discorso in Campidoglio l’ironia maschile si tramutò in ammirazione. Non
aderì direttamente al movimento femminista ma lo seguì con interesse
incoraggiandolo sempre.
E' da poco stato
tradotto e pubblicato da Moretti&Vitali il volume Alfred Nobel, Bertha
von Suttner - Un'amicizia disvelata,
il carteggio della corrispondenza tra i due dal 1883 al 1896 che ci
permette di comprendere le circostanze e seguire i passi che avrebbero portato all’istituzione del premio
Nobel per la pace. Bertha von Suttner ebbe frequenti contatti con
Alfred Nobel, ma allo stesso tempo prese le distanze dalle sue teorie secondo
le quali la pace doveva essere «armata». Nella complessa personalità di Alfred
Nobel convivevano il chimico e il poeta, l’inventore della dinamite e il
pacifista, il misantropo e l’amico fedele della von Suttner. La pace armata di
Nobel implicava un potenziale di distruzione bellica che, se portava
all'eliminazione degli eserciti, metteva però in pericolo tutta l'umanità e
comportava uno spreco di risorse e di energie che si potevano utilizzare
altrimenti. I quarantacinque anni di Guerra Fredda hanno tristemente dato
ragione alla nostra autrice… La soluzione ipotizzata dalla von Suttner
consisteva invece nel disarmo totale di tutte le nazioni e nell'istituzione di
una «Corte d'Arbitrato» che risolvesse i conflitti internazionali facendo
ricorso al diritto e non alla violenza; vi è stato un tentativo di realizzare
questo con l'istituzione dell'ONU ma come è ormai evidente esso ha miseramente
fallito.
Curiosamente, uno
dei pericoli per la pace, per la von Suttner consisteva nell’americanizzazione
globale: «(…) un fenomeno ravvisato da alcuni dei nostri contemporanei più
perspicaci. Quel’è la necessità per gli uni di essere assorbiti dagli altri?
Non è meglio che le culture si compenetrino l’un l’altra e che si viva insieme
dopo aver realizzato l’unità al maggior livello possibile? Questo è lo scopo
della società umana che lavora per il progresso (…)».
Fino alla fine continuò a viaggiare per
diffondere la sua missione di pace, a scrivere e a tenere conferenze, anzi, col
passare degli anni il suo impegno aumentò. Aveva compreso che era necessario
convincere le classi dominanti a schierarsi per la pace, e sapeva che era
necessario rivolgersi ai politici, quindi cercò di farsi ascoltare servendosi
della sua influenza. Incontrò molti dei leader del suo tempo e per questo
viaggiò moltissimo in Europa e negli Stati Uniti e molti compresero il suo
messaggio. I risultati che ottenne però, purtroppo non furono sufficienti ad
arrestare il nazionalismo estremo e l’aggressività delle politiche imperialiste
che stavano aumentando in quel periodo e che sfociarono infine nella Prima
guerra Mondiale. Forse per un presentimento, nell'ultimo periodo si sentiva più
sfiduciata e pessimista perché non sentiva coinvolgimento da parte dei giovani
e la situazione internazionale non sembrava migliorare.
Come si diceva
all'inizio il destino le risparmiò di assistere all'ecatombe del primo
conflitto mondiale che vedrà l'utilizzo di molte armi nuove come la
mitragliatrice, i gas, i carri armati e gli aerei e dove ci furono circa dieci
milioni di morti tra i militari, circa sette tra civili in seguito a azioni
militari e carestie e ventuno milioni di feriti. Dopo questa carneficina i suoi
libri, i suoi appelli e il ricordo dei suoi sforzi caddero nell'oblio per lungo
tempo come spazzati via dall'immane tragedia.
Il suo
importante messaggio però era come un piccolo seme destinato a germogliare
molto tempo dopo, come spesso accade nella storia dell'umanità, i tanti
movimenti internazionali lo testimoniano anche se purtroppo la guerra, non solo
esiste ma è diventata come si usa dire «diffusa» cioè globale, senza più un
nemico facilmente individuabile perché messa in atto per accaparrarsi le
risorse del pianeta e spesso portata avanti da bande di mercenari assoldati
dalle varie potenze.
«(…) Ogni
guerra, qualunque sia il suo esito, contiene sempre il germe di una guerra
successiva. Ed è più che naturale. Un atto di prepotenza offende sempre qualche
diritto. L’offeso fa valere presto o tardi le sue ragioni e allora il nuovo
conflitto viene risolto da una nuova prepotenza, gravida di ingiustizie, e così
di seguito senza fine. (…)».
Cosa
direbbe oggi, a noi contemporanei, Bertha von Suttner? Molto probabilmente ci
spronerebbe dicendo: «Non arrendetevi mai e lavorate per diffondere e realizzare
l’ideale della Pace!».
Il
suo messaggio è più attuale che mai.