domenica 12 maggio 2024

Due Natali indimenticabili



Mi trasferii al Villaggio Verde nel luglio del 1991 dopo il faticosissimo trasloco della casa editrice L'Età dell'Acquario, a seguito della morte di mio padre, l'editore Edoardo Bresci avvenuta l'anno prima.

I giorni delle vacanze natalizie del 1993-'94 (magari sbaglio anno, ma di poco) sono tra i più bei ricordi dei miei otto anni vissuti al Villaggio se escludo i miei primi anni di vita in cui il solo pensiero che Gesù Bambino, insieme a Babbo Natale, mi facesse l'impagabile onore di entrare a casa per portare qualche regalo, mi procurava un'eccitazione sublime dal primo giorno di dicembre.

Il Natale, negli anni '90, non era mai un bel periodo per me. Il mio compagno di allora, Marco Orsi, partiva sempre per viaggi di circa quindici giorni a scopo benefico e turistico, quasi sempre in Birmania, invitato dal professor Bernardino del Boca che accompagnava con un gruppo di seguaci. La tristezza e il senso di abbandono si impadronivano del mio cuore ammorbandomi la mente con pensieri che ben poco avevano a che fare con la letizia che questa ricorrenza mi aveva sempre evocato.

Nel grande spazio comune che chiamavamo “salone”, un anno decidemmo di condividere il pranzo di Natale. Ognuno avrebbe preparato qualcosa a casa sua e per l'occasione fu allestita una grande tavolata per circa venti persone.

Era bello assaggiare i piatti di diverse tradizioni famigliari condite da tante risate. Passammo poi il pomeriggio a cantare con l'accompagnamento della chitarra di Dave, un ragazzo americano bello e simpatico arrivato da poco al Villaggio col suo immenso zaino; al suo arrivo alla stazione di Romagnano Sesia mi aveva detto: “mi sono messo in viaggio dagli Stati Uniti per trovare le mie radici italiane e magari... trovare una donna”

Ci rendemmo presto conto che gli “avanzi” bastavano per un reggimento... Quindi a Santo Stefano i cosiddetti avanzi furono riproposti e qualcuno portò a casa ancora cibo per la sera. Ricordo le chiacchiere, le belle riflessioni e a volte il silenzio davanti al caminetto che io adoravo anche se “tirava male”.

Il 27 la voglia di stare insieme non era ancora passata, cominciavamo a prendere gusto alla compagnia rilassata, liberi da qualsiasi impegno. I piatti di quel giorno erano meno elaborati, alcuni preparati nella cucina del salone, altri a casa, l'importante era stare insieme lasciando da parte i problemi che spesso ci assillavano.

Ripetemmo la stessa cosa l'anno successivo e di nuovo il senso di “famiglia allargata” e di calore mi scaldò l'anima.

Anche il Capodanno fu per alcuni anni una piacevole occasione di festa a cui partecipavano anche amici dei dintorni; c'era sempre tanta musica e balli ma i miei ricordi sono decisamente più sfocati e il ricordo meno caro al mio cuore.

Luna Rossa




Uno dei ricordi più belli del periodo vissuto al Villaggio Verde risale al 1997 cioè poco prima di trasferirmi a Romagnano Sesia, dove vissi poi per due anni, prima di tornare definitivamente a Torino.

La mia vita aveva subito gravi scossoni sia nell'ambito del lavoro, della vita di coppia che della salute. Sentivo di non essere più in sintonia con il luogo, come se quell'esperienza si stesse esaurendo e non mi nutrisse più.

Da gennaio ero tornata single e una sorta di stabile apatia ammorbava il mio spirito.

Ma ecco che fortunatamente fu organizzato un corso di recitazione di molti mesi col prezioso regista Paolo Raimondi che culminò con un vero e proprio spettacolo teatrale in cui ognuno di noi, con le proprie specifiche capacità e il proprio particolare talento, apportava il proprio contributo. Alla rappresentazione partecipammo circa in venti e altrettanti, con piccoli e grandi apporti contribuirono alla sua realizzazione pratica.

Fu un percorso impegnativo ed entusiasmante, una delle più belle esperienze della mia vita che mi aiutò a mettere in moto energie positive che contrastarono la cappa di tristezza che imbrigliava la mia mente.

Mettemmo in scena il racconto introduttivo al libro Luna Rossa* dell'autrice inglese Miranda Grey che trattava del potere spirituale femminile. E' un favola iniziatica in cui un'archetipica ragazza dal nome evocativo di Eva, vive un sogno molto particolare durante la notte del suo primo ciclo mestruale.

Paolo scrisse la sceneggiatura e assegnò le parti in base al carattere e alle predisposizioni di ciascuno di noi e si occupò anche delle luci. Marco Mazzilli, che studiava per diventare decoratore artistico pensò alla scenografia, Flavio Menolotto alle musiche (quasi tutte del gruppo di fusion etnica Dead Can Dance**) e al lavoro di mixer audio. Una piccola parte del “campo celtico”, (così chiamavamo i campi dietro le case che allora non erano coltivati, al limitare del bosco, dove in passato furono trovati reperti celtici) fu adibita a palcoscenico da Paolo Zoni e Renzo Della Toffola, creando un pavimento con blocchetti di cemento e assi di legno removibili. Ognuno infine dovette pensare al proprio abito di scena.

L'arte per me naturale è la danza, quindi dissi a Paolo che avrei voluto occuparmi delle coreografie, così interpretai tutte e tre le scene danzate più una breve parte recitata. Per la danza dei demoni e quella della vestizione coinvolsi la mia amica Monica Gallarate, danzatrice e insegnante di danza classica indiana e Ambra Pittoni, un'artista che a quel tempo praticava danza mediorientale.

Progettammo di fare lo spettacolo una sera di luna piena, in giugno.

Il pensiero che potesse piovere non ci sfiorò nemmeno per un attimo, il clima era stabile e l'unico problema fu l'incursione delle zanzare mentre ci preparavamo dietro le quinte un'ora prima dello spettacolo; così eccitati e felici non ci facemmo quasi caso.

Alle 21.30 tutto era pronto, la maggior parte del pubblico era seduta e altro publico era in piedi. Dopo la presentazione di Paolo partì un brano molto evocativo e le luci rosse illuminarono la grande sfera sospesa al di sopra della scena. A metà della rappresentazione ci fu la scena della regina dei Celti, Boudicca interpretata da Muriel, che contemplava la presenza in scena di uno dei nostri cavalli che “recitò” docilmente la sua parte.

Dopo esserci struccati e cambiati, non riuscimmo a salutare bene il pubblico perché la maggior parte se ne andò subito dopo il lungo e sincero applauso. Personalmente avrei voluto sentire qualche impressione, qualche commento o critica.

Comunque eravamo al settimo cielo, felici che tutto fosse andato nel migliore dei modi... Credo che Melpomene, l'antica musa della tragedia greca da noi evocata, quella sera abbia steso un incantesimo sul campo celtico. L'atmosfera creata era surreale.

A casa, nel mio letto, l'adrenalina si decise a scendere e io percorsi mentalmente tutte le fasi dello spettacolo rivivendole al rallentatore, in particolare quella per me più impegnativa dove interpretavo il Serpente che simboleggiava la forza dell'eros.



La capriola all'indietro che temevo non riuscisse come volevo, mi venne alla perfezione e sparii come previsto tra le gambe di Isabella, la mia omonima che interpretava Eva, la protagonista.

Avevamo fatto tutto noi, avevamo creato insieme qualcosa di Bello con le nostre capacità, ognuno come riusciva e poteva, e ci godemmo orgogliosamente la riuscita del progetto a dimostrazione che quando si lavora insieme con gioia per il Vero, il Bello e il Buono, lo Spirito ci assiste sempre e la Natura collabora.
Il ricordo di quella sera è vivido nella mia memoria come fosse accaduto pochi mesi fa anche se sono passati 27 anni; fu una serata indimenticabile per tutti quelli che vi presero parte.

Al teatro di Romagnano Sesia replicammo in ottobre e riempimmo la sala.
Fu invitata la dolce autrice di passaggio in Italia per un giro di presentazioni.

Dopo lo spettacolo Miranda era visibilmente commossa e disse che mai avrebbe immaginato che il suo racconto potesse dare origine ad uno spettacolo...

Di quella replica ricordo poco ma per mia fortuna qualcuno lo registrò su VHS e anni dopo lo riversai su DVD e poi su file ma... la luna piena, gli odori della sera, la brezza tiepida, il frinire dei grilli, la luce delle torce della “prima” contribuirono a creare una magia irripetibile che è conservata indelebilmente solo nei nostri cuori.



* Luna Rossa, Miranda Grey, Edizioni L'Età dell'Acquario 1996, riedizione Macro Edizioni

** Dead Can Dance https://www.ondarock.it/dark/deadcandance.htm

 Sulla Guarigione

Emmanuel



Domanda: Mi è stato detto che non esiste malattia che non possa essere curata.
Confidando in questo, cosa posso fare per ritrovare la mia salute?
Emmanuel: Qui c'è una questione di volontà.
Quando si dice "Non c'è niente che non possa essere curato", si intende "alle mie condizioni".
Ma esiste davvero una cura per tutte le malattie?
Direi di sì, se foste abbastanza saggi da considerare la morte una cura.
Il corpo, nella sua infinita saggezza, sa cosa è necessario al suo equilibrio.
Siete voi a fare la diagnosi e siete voi il medico, se soltanto voleste ascoltare.
Lasciate che vi dica questo: quando l'anima è pronta a lasciare il corpo, potreste andarvene in giro come atleti forti e sani ma il cuore si fermerebbe lo stesso.
Se l'anima non è pronta a partire, il corpo guarirà.

È necessario riconoscere il potere della coscienza liberata dell'essere umano,
non la volontà, ma la coscienza liberata che ha la capacità di ricostruire e 
guarire il proprio corpo.
Poiché alcuni di voi evolveranno nella vita diventando guaritori, 
lasciate che vi ricordi che ci sono anime che non desiderano essere guarite.

"Devi guarire" spesso è questo il messaggio dato dal guaritore.
Solo se lo vuole, e non siete voi a deciderlo.
Non siete delle autorità in merito. Non imponete la vostra volontà. Date semplicemente amore. L'anima prenderà quell'amore e o porrà dove potrà farne l'uso migliore.

* Il Libro di Emmanuel, un manuale per vivere confortevolmente nel cosmo, Vol. I
  Pat Rodegast, Judith Stanton, Edizioni Crisalide 1991