Lo scorso settembre, ad un incontro tra amici a
casa della carissima Monica Smith, ho sentito parlare per la prima volta del
progetto per il convegno CULTURE INDIGENE DI PACE - DONNE E UOMINI OLTRE IL
CONFLITTO che si sarebbe svolto in marzo a Torino.
Si parlava di come individuare il luogo adatto
per l'evento e di problemi relativi ai visti per le due ospiti cinesi di etnia
Moso. L'idea mi ha incuriosita ed entusiasmata e ho fatto i migliori auguri
alle organizzatrici per una perfetta riuscita.
Mi sembra che già a fine gennaio sia apparso il
programma, il che denota una notevole organizzazione e domenica scorsa eccomi a
partecipare all'ultima parte del convegno, proprio nel pomeriggio quando è la
volta delle due ospiti cinesi.
Entro nella sala conferenze del Palaginnastica e
vedo dietro la cattedra due alte eleganti coloratissime figure...
L'incontro inizia con la presentazione della
cultura Moso da parte di Francesca Rosati Freeman, autrice del libro
"Benvenuti nel Paese delle donne" uscito nel 2010 presso le Edizioni
XL.
Si parla di un'etnia di circa 40.000 persone che
abita 'a sud delle nuvole' (traduzione degli ideogrammi che indicano la
provincia dello Yunnan, regione all'estremo sud-ovest della nazione cinese)
intorno ad un grande e limpido lago che chiamano 'Madre'.
Mentre ascolto con attenzione, non posso fare a
meno di ammirare la bellezza di queste due donne. Emanano calma e serenità, una
più gioviale, l'altra più eterea, per niente intimorite da ciò che le circonda
nonostante l'enorme diversità con il loro mondo.
La relatrice ci racconta delle difficoltà
nell'ottenere il visto dalle autorità cinesi nonostante l'interessamento
dell'ambasciatore italiano a Pechino, degli alti e bassi tra speranza e
sconforto per il tira e molla durato mesi. Poi finalmente il visto è ottenuto e
si comincia a programmare la visita in Italia di Ake e Najin, questi i nomi
delle due donne Moso.
Francesca ci spiega poi le caratteristiche
principali di questa società che si è preservata praticamente intatta nei
secoli, fino ad oggi, nonostante l'arrivo dei turisti, dei telefonini e
della tv.
Pare che il governo cinese non abbia disturbato
questa pacifica etnia, probabilmente perché molto piccola, senza gerarchie di
potere e non certo dedita alla politica. Durante la rivoluzione culturale
imposero loro il matrimonio ma subito dopo ci fu un ricorso di massa alla
separazione.
L'istituzione del matrimonio per loro non esiste,
la famiglia è concepita in modo totalmente diverso dal nostro, è costituita dai
discendenti del ramo materno appartenenti ai due sessi, solo questi sono
considerati consanguinei, mentre il padre naturale dei bambini appartenenti alla
famiglia materna ne è escluso. Il contatto con l'altro sesso non manca, anzi,
ma è per questo più armonioso. A tredici anni le ragazze hanno il rito di
passaggio e in quell'occasione viene data loro la chiave di una propria stanza
chiamata 'la stanza dei fiori' dove potranno avere incontri amorosi, non
necessariamente sessuali, quando lo riterranno opportuno, in genere a partire
dai quindici anni in poi.
Gli incontri avvengono di sera e di notte e al
mattino ci si saluta per vedersi la sera dopo. Se le cose vanno bene può andare
avanti così tutta la vita, se no ci si lascia senza tragedie.
La gelosia è considerata una cosa di cui
vergognarsi, molto più dell'infedeltà.
Alla domanda che arriva dal pubblico "Ma non
sentite mai il desiderio di costruire qualcosa col vostro uomo?" una delle
due risponde "Per noi va bene così, stiamo bene con le nostre 'sorelle',
gli uomini vanno e vengono, la mamma e le sorelle rimangono".
Il matrimonio è ritenuto causa di litigi inutili
e dannosi per la famiglia e la comunità.
Tutte le decisioni importanti che riguardano la
comunità vengono prese insieme agli uomini per consenso anche a costo di lunghe
discussioni, ma si deve comunque arrivare ad essere d'accordo, se no la pace
non dura... La persona più rispettata e importante della comunità è la donna
più anziana che è anche l'amministratrice di tutti le possedimenti del clan.
Gli anziani vengono sempre accuditi dalle donne
della comunità e anche i bambini di entrambe i sessi fino a tredici anni, poi i
maschi vanno ad abitare insieme agli altri maschi, chiamati zii.
Quando ci sono delle liti serie ci si riunisce e
si parla per risolvere la questione insieme agli altri, non esiste violenza
famigliare, né pedofilia.
La loro religione è il buddhismo tibetano ma non
hanno mai abbandonato la loro religiosità animista che venera la Natura e quindi tende a
preservarla accuratamente.
Le nostre due ospiti hanno entrambe due figli e
lavorano. Ake ha una piccola guest-house per i turisti e Najin, se ricordo
bene, un laboratorio ereditato dal padre per la distillazione di un liquore
tradizionale chiamato 'il liquore delle donne' perché pare allevii i dolori del
parto.
Qualcuno chiede se non si sentono minacciati
dall'arrivo del turismo e della globalizzazione.
Rispondono che il turismo ha portato qualche
miglioramento, per esempio una strada che accorcia notevolmente i tempi per
recarsi in città (prima ci voleva una giornata, ora solo quattro ore) e con
questo la possibilità per i bambini di frequentare una scuola migliore e avere
assistenza medica nei casi più seri (anche se conservano la loro medicina
tradizionale).
La globalizzazione... non sanno bene cosa sia...
ma sperano che il 'progresso' arrivi gradualmente. Abbiamo molto da imparare,
dicono, e forse qualcosa da insegnare, è bello imparare gli uni dagli altri.
Spesso i bambini che guardano la televisione
cinese, a parte la difficoltà di comprendere la lingua (il mandarino) diversa
dalla loro, non comprendono molte delle cose che vedono e quindi le mamme
cercano di selezionare i programmi e dare spiegazioni.
Noto nel modo di rispondere una tendenza al
vedere il lato positivo di ogni cosa, una pacatezza e serenità nel rispondere
che rivela molta sicurezza.
Alla fine dell'incontro qualcuno chiede di farci
sentire un canto ascoltato la sera prima.
Le loro voci cristalline mi cullano e mi
trasportano col pensiero nel loro semplice mondo.
Niente come la musica può far percepire l'anima di un popolo... e mi sono commossa...
Niente come la musica può far percepire l'anima di un popolo... e mi sono commossa...
Per me è stata un'esperienza profonda dove ho
compreso che la nostra struttura mentale è improntata da millenni sulla
contrapposizione e sulla competitività tipiche della sfera maschile. Anche noi
donne abbiamo assunto caratteristiche mentali maschili e ho capito che c'è
molto da imparare da questo tipo di società essenzialmente pacifica.
Nel 1995 la cultura Moso è stata indicata dalle
Nazioni Unite come 'esempio per l'umanità'.